Andare da un nutrito gruppo di ragazzi di colore e chiedere, pagando, di essere sodomizzato brutalmente perchè voleva godere e impazzire di piacere, specificando che sarebbero stati liberi di fargli qualsiasi cosa, basta che fosse brutale.
Peccato che poi si sia dovuto recare al pronto soccorso e non deve essere stato facile raccontare la verità, mentre è sembrato più semplice inventare una bugia.
Assolto perché il fatto non sussiste.
Del resto che la rapina di cui ha raccontato di essere stato vittima, e la conseguente violenza sessuale, non fossero mai avvenute si era capito subito. «L’obiettivo era quello di tutelare la sua privacy» Con queste motivazioni il giudice Angela Feletto ha messo la parola fine a una vicenda che si trascinava da tre anni: il caso è nato quando l’uomo, operaio 56enne, di Borgo Valbelluna, nel Bellunese, raggiunge il pronto soccorso. Ai medici spiega di essere stato bloccato nei pressi del ponte diroccato vicino al supermercato Kanguro e di essere stato rapinato.
A quel punto, secondo quanto ricostruito in aula dalla dottoressa che lo visitò, ha aggiunto di aver insultato le persone di colore che lo avevano rapinato e che tornarono violentandolo con un bastone.
«Era molto dolorante – ha spiegato in aula – ed ho subito individuato la presenza di un corpo estraneo». È a quel punto che all’uomo viene prescritta una tac e viene sottoposto d’urgenza ad un operazione chirurgica che permette di recuperare, dall’interno del corpo, una siringa, di quelle solitamente utilizzate nei laboratori di pasticceria.
I dettagli medici forniti dalla dottoressa in aula hanno chiarito che quell’oggetto non poteva trovarsi lì contro la volontà del protagonista. Nessun segno di botte in testa (come lui aveva inizialmente dichiarato) nessuna escoriazione.
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