(Racconti Erotici) La Cognata Milanese (Prima Parte)
Cita da Il Gran Capo su 15/09/2024, 19:20Lo specchio metteva sempre più in risalto il mio essere interiore, mai domo dinanzi all’appiattimento della vita, e urlando reclamava lo spazio dovuto per diritto a chi il destino ha segnato il dominio.
I miei quarantanni nessuno li notava, nemmeno il vetro che rifletteva il mio piccolo seno esaltato dai tatuaggi che si rincorrevano sulla mia pelle come una scrittura criptata. Ogni cosa aveva una sua ragionspe, una sua razionalità.
Quarantanni, quaranta come il numero della mia taglia, quaranta come i minuti di ritardo dell’aereo proveniente da Milano.
La sala d’attesa era animata in quei primi giorni di giugno, con un gran caldo sopraggiunto ad anticipare l’estate.
Mio fratello veniva a trascorrere una settimana a casa mia, in compagnia della sua nuova ragazza. La precedente non era male come fisico, ma di testa sembrava fosse stata strappata alla vita ecclesiastica.
Quando mi ritrovai dinanzi Giada a pelle ebbi la sensazione che dietro quel visino di brava ragazza si celasse qualcosa di peccaminoso.
Le forme del corpo erano molto accentuate, e il suo gran bel culo fu subito oggetto delle mie fantasie, cosa che intuì subito mio marito lasciandosi sfuggire un sorriso.
Roberto era il marito ideale, il complice dei giochi sessuali dove io ero la Mistress, l’angelo e il demone del piacere.
Le fantasie si trasformarono in desiderio nei giorni successivi trascorsi al mare. Giada aveva ventisei anni ed emanava una freschezza come quella delle rose di maggio, il seno grande e tonico solo a metà, il percing, i suoi tatuaggi.
Sul polpaccio ho il simbolo del bdsm e lei lo osservava durante il nostro dialogare, forse incuriosita dallo stesso.
-Bello il tuo tatuaggio- disse mentre accendeva una sigaretta.
-E’ un simbolo indiano- le risposi d’istinto.
-Ma dai, non scherzare! So benissimo il suo significato-
-Scusa se ne conosci il significato e ti piace, perché non lo fai anche tu?-
-Un giorno lo farò, ma non quello tuo, perché non rispecchia il mio ruolo-
In quel momento iniziò a scorrere dentro me il fuoco che scottava più della sabbia arsa dal sole. Quando Roberto e mio fratello si allontanarono verso la riva decisi di metterla alla prova.
-Vai a prendermi una bottiglia d’acqua?- le chiesi con tono autoritario dal mio lettino.
-Certo, metto gli infradito e vado-
-No, non calzarli. Vai così-
Giada si avvio a piedi nudi verso il bar del lido. Quella per me era una prova. Testare fino a quando potesse spingersi.
Mancava un’ultima cosa da verificare, se fosse slave. Al ritorno notai che portava una bottiglia di acqua gassata.
-Io non bevo acqua gassata. Muoviti, vai a cambiarla!-
Abbassò lo sguardo senza dire una parola e ubbidì.
Per il resto delle sua permanenza a casa mia la scopai a più riprese con e senza mio marito. Godeva tanto quando le applicavo le mollette sulle labbra della fica e sul seno mentre Roberto la inculava. Prima di andar via mi confidò una cosa.
-Ora posso davvero fare il tatuaggio. So che mi appartiene-
Autrice: @lapocia
Lo specchio metteva sempre più in risalto il mio essere interiore, mai domo dinanzi all’appiattimento della vita, e urlando reclamava lo spazio dovuto per diritto a chi il destino ha segnato il dominio.
I miei quarantanni nessuno li notava, nemmeno il vetro che rifletteva il mio piccolo seno esaltato dai tatuaggi che si rincorrevano sulla mia pelle come una scrittura criptata. Ogni cosa aveva una sua ragionspe, una sua razionalità.
Quarantanni, quaranta come il numero della mia taglia, quaranta come i minuti di ritardo dell’aereo proveniente da Milano.
La sala d’attesa era animata in quei primi giorni di giugno, con un gran caldo sopraggiunto ad anticipare l’estate.
Mio fratello veniva a trascorrere una settimana a casa mia, in compagnia della sua nuova ragazza. La precedente non era male come fisico, ma di testa sembrava fosse stata strappata alla vita ecclesiastica.
Quando mi ritrovai dinanzi Giada a pelle ebbi la sensazione che dietro quel visino di brava ragazza si celasse qualcosa di peccaminoso.
Le forme del corpo erano molto accentuate, e il suo gran bel culo fu subito oggetto delle mie fantasie, cosa che intuì subito mio marito lasciandosi sfuggire un sorriso.
Roberto era il marito ideale, il complice dei giochi sessuali dove io ero la Mistress, l’angelo e il demone del piacere.
Le fantasie si trasformarono in desiderio nei giorni successivi trascorsi al mare. Giada aveva ventisei anni ed emanava una freschezza come quella delle rose di maggio, il seno grande e tonico solo a metà, il percing, i suoi tatuaggi.
Sul polpaccio ho il simbolo del bdsm e lei lo osservava durante il nostro dialogare, forse incuriosita dallo stesso.
-Bello il tuo tatuaggio- disse mentre accendeva una sigaretta.
-E’ un simbolo indiano- le risposi d’istinto.
-Ma dai, non scherzare! So benissimo il suo significato-
-Scusa se ne conosci il significato e ti piace, perché non lo fai anche tu?-
-Un giorno lo farò, ma non quello tuo, perché non rispecchia il mio ruolo-
In quel momento iniziò a scorrere dentro me il fuoco che scottava più della sabbia arsa dal sole. Quando Roberto e mio fratello si allontanarono verso la riva decisi di metterla alla prova.
-Vai a prendermi una bottiglia d’acqua?- le chiesi con tono autoritario dal mio lettino.
-Certo, metto gli infradito e vado-
-No, non calzarli. Vai così-
Giada si avvio a piedi nudi verso il bar del lido. Quella per me era una prova. Testare fino a quando potesse spingersi.
Mancava un’ultima cosa da verificare, se fosse slave. Al ritorno notai che portava una bottiglia di acqua gassata.
-Io non bevo acqua gassata. Muoviti, vai a cambiarla!-
Abbassò lo sguardo senza dire una parola e ubbidì.
Per il resto delle sua permanenza a casa mia la scopai a più riprese con e senza mio marito. Godeva tanto quando le applicavo le mollette sulle labbra della fica e sul seno mentre Roberto la inculava. Prima di andar via mi confidò una cosa.
-Ora posso davvero fare il tatuaggio. So che mi appartiene-
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